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Dopo la chiusura delle centrali nucleari nel 1990, e a distanza di circa 10 anni dai referendum del 2011, quando il 94% degli italiani seppellì l’idea di un ritorno al nucleare, in Italia si pensa ad un nuovo referendum per promuovere la nascita di nuove centrali nucleari. Oggi, i sondaggi mostrano un ritorno di interesse verso questa tecnologia.
Infatti, mentre la Commissione europea valuta il riconoscimento dell’energia nucleare e del gas naturale come fonti green per la produzione energetica, in Italia viene promossa l’idea che il ritorno al nucleare possa rappresentare anche una soluzione per far fronte al tema del caro bollette.
La realtà è che, ancora oggi, ci sono ancora molti dubbi sui rischi legati alla reintroduzione delle centrali nucleari in Italia: dai pericoli legati alla radioattività, all’assenza di un deposito nazionale. Infatti, gli elevati costi di stoccaggio gravano ancora sulle tasche degli italiani per oltre 60 milioni di euro all’anno. Ne parliamo in questo articolo.

La proposta UE e il nuovo referendum sul nucleare in Italia

Nel corso dell’ultimo anno si è tornato a parlare nuovamente del tema nucleare in Italia soprattutto dopo che Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, si espresse favorevole al ritorno del nucleare in Italia, trovando d’accordo il leader della Lega, Matteo Salvini, Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia e il presidente di Confindustria Carlo Bonomi.

centrale nucleare italia

Il 2022, invece, è iniziato con una bozza della Commissione europea circa il riconoscimento dell’energia nucleare e del gas naturale come fonti di energia rinnovabili “green”, sostenibili e capaci di accelerare il raggiungimento dell’obiettivo zero emissioni CO2 in Europa.

Non tarda ad arrivare l’appoggio di Salvini che, cavalcando l’onda del tema caro bollette, è già in mobilitazione per la richiesta di quello che sarebbe il terzo referendum sul nucleare in Italia, per un futuro “indipendente, sicuro e pulito”. L’ultimo referendum sull’energia nucleare in Italia risale al 2011, dove la quasi totalità dei votanti (oltre il 94%) si espresse contrario al ritorno al nucleare, anche in virtù del tragico maremoto avvenuto pochi mesi prima a Fukushima che provocò diverse esplosioni e la distruzione di una centrale nucleare. Siamo sicuri che il ritorno al nucleare possa rappresentare la giusta soluzione per noi italiani?

La situazione odierna del Nucleare in Europa

Oggi, sono circa 128 le centrali nucleari attive in Europa: il primato spetta alla Francia con 58 centrali in funzione; seguono Russia (32) e Regno Unito (19). 

Centrali Nucleari Europa

Considerando che le proposte sul nucleare entreranno in vigore nel 2023, se appoggiate dagli Stati membri, sarà interessante seguire nei prossimi mesi l’evolversi del Piano della Commissione Europea, e scoprire quale sarà la posizione di Paesi come Germania e Belgio che stanno progressivamente abbandonando il nucleare a favore di fonti energetiche rinnovabili. Situazione diversa in Francia, dove Macron vuole promuovere la costruzione di nuove centrali.

Pro e Contro del ritorno al nucleare in Italia nel 2022

Quello del nucleare è sicuramente un tema delicato.
Sebbene, un Paese possa beneficiare di alcuni vantaggi, come la capacità di produzione, non si può fare a meno di valutare i rischi legati alla radioattività e sicurezza, in primis.
Infatti, oltre 60 incidenti nucleari occorsi negli anni ci insegnano che la radioattività prodotta da energia nucleare può portare a conseguenze catastrofiche per una nazione intera.

Energia Nucleare in Italia 2022

Ciononostante, in Italia i sondaggi sembrano dimostrare una propensione verso il ritorno alla costruzione di centrali e alla produzione di energia nucleare. Probabilmente spinti dal rincaro delle bollette, oggi il 51% degli italiani è favorevole ad un ritorno al nucleare, nonostante nel 2011 oltre il 94% bocciò la stessa idea. Ma potrà l’Italia sostenere i costi legati allo stoccaggio dei rifiuti radioattivi?
La produzione di energia nucleare in Italia, tra il 1963 e il 1990, ha causato la produzione di scorie atomiche che, in assenza di un deposito nazionale, sono state inviate principalmente in Francia e Regno Unito. Non solo, ma ancora oggi non abbiamo un deposito nazionale, e lo stoccaggio all’estero costa circa 60 milioni di euro all’anno allo Stato. 

Inoltre, questo ritardo costa tra 1 e 4 milioni di euro all’anno a ciascun sito presente in Italia secondo Sogin: parliamo di depositi temporanei presenti in tutto il territorio italiano, di piccole dimensioni, tra cui gli ospedali. Oggi, in Piemonte si registra la più elevata presenza di radioattività da scorie nucleari, mentre nel Lazio si registra la maggiore quantità di rifiuti tossici. Ci chiediamo come verrebbero gestiti i rifiuti, qualora dovessero sorgere nuove centrali nucleari.

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